Alle ATP Finals il girone di Berrettini/Sinner s’è chiuso con il passaggio in semifinale di Daniil Medevdev e Alexander Zverev.

Jannik Sinner è sceso in campo contro Medvedev sapendo di non potersi qualificare e giocandosi 2 match point prima di perdere al tie-break del terzo set.

Paolo Rossi per Repubblica: Non restava che salutare degnamente Torino e accidenti se non c’è riuscito. Dopo l’iniziale 6-0 di Medvedev, Jannik ha usato la “mossa Tiafoe”, l’avversario che lo aveva rovesciato a Vienna, ha chiesto l’energia del pubblico e ha funzionato. Medvedev a un certo punto s’è innervosito per il tifo contro e ha iniziato a tirare pallate sul servizio quasi in modo provocatorio. Ma la partita non lo meritava. La reazione di Jannik, la gestione emotiva di una partita che sembrava inutile ed è diventata avvincente, pur se ininfluente nel risultato, sono un altro tassello nel processo di crescita di Sinner, che Torino ora attende all’esame di Coppa Davis fra una settimana.

Stefano Semeraro sulla Stampa: Per chiudere il 2021 gli resta la Coppa Davis, ma il futuro è già adesso. Come sarà il Sinner 2022 edition? Dopo l’antipasto – i 5 tornei vinti fino ad ora, l’ingresso fra i top 10 – il mondo si aspetta una portata abbondante. Brutalmente: una vittoria in un Masters 1000 – a Miami l’ha già sfiorata – il bang in uno Slam, l’obbligo di residenza fra i top 10 con vista sui top 3. Per restare nell’attico, insegnano i manuali, serve però ancora più tigna che per arrivarci. La permanenza media dei 176 top ten della storia è di 144 settimane – due anni e nove mesi circa – ma dopata dalle 968 di Federer, Matteo Berrettini, con le sue 86, è già all’85esimo posto. Jan può prenotarsi a lungo. Perché ha già un tennis da fenomeno, ma con molti margini di miglioramento; la testa, non solo i colpi del fuoriclasse. E uno staff che sa tenere il timone saldo durante le tempeste: vedi le polemiche sulla rinuncia alle Olimpiadi. Dietro non sono in tanti a premere con le sue stesse carte – Alcaraz, forse Korda – davanti a parte Djokovic non ha concorrenti inossidabili. Ha già attraversato momenti opachi e ne è uscito più luminoso di prima mentre gli astrologi da social lo davano per tramontato. Piace al pubblico, istintivamente, quasi irrazionalmente, perché non ha nulla del piacione, dell’arruffapopoli. Eppure già in strada, sul tram, al bar è entrato nel lessico quotidiano: «ma chi sei, Sinner?».

Passando alle semifinali, Federica Cocchi per la Gazzetta dello Sport fa notare che da anni non c’era un quadro di semifinalisti così nobile perché tre su quattro hanno già vinto il Masters: Djokovic cinque, Zverev nel 2018, Medvedev un anno fa. Il quarto semifinalista sarà il vincitore del match di oggi tra Andrey Rublev e Casper Ruud: L’ultima volta che si era verificata una situazione simile era stato nel 1994, 27 anni fa. Zverev e Medvedev non erano ancora nati e ad arrivare alla fase finale erano stati Andre Agassi, Boris Becker e Pete Sampras, con Sergi Bruguera unico infiltrato.

Djokovic sa già per certo che sfiderà Zverev e Daniela Cotto per la Stampa scrive che, Con 30 vittorie nelle sue ultime 34 partite, è un brutto cliente perfino per Djokovic. Ma se la sua carriera è un crescendo invidiabile di successi, non altrettanto limpido è il privato, pieno di ombre. Bello e maledetto, dicono di Alexander i biografi. Il Baudelaire del tennis pieno di collane d’oro: certo non un letterato ma con le stesse sregolatezze e l’anticonformismo di rottura del poeta francese. Lui, Zverev, ha preso il vizio di rompere soprattutto con le fidanzate. Due ex, Brenda Patea incinta di sua figlia, e Olya Sharypova, lo definiscono ossessionato dall’essere al centro dell’attenzione. «Se stai con un atleta come me, devi sottometterti» ha spiegato la prima, che fa la modella, aggiungendo di essere uscita distrutta da questa relazione «tossica» ma di non volere soldi perché crescerà da sola la bambina. Olya ci è andata più pesante, accusandolo di violenze fisiche e psicologiche. Durante gli US Open del 2019 sarebbe addirittura dovuta scappare dall’hotel per non essere soffocata. Fatti che il tedesco ha sempre negato: «Falsità». Del resto non ci sono denunce. Ma il gossip viaggia sui social ed emerge in ogni intervista, creando imbarazzo. 

Infine, Marco Imarisio si dedica sul Corriere della Sera a un grande classico, criticando la formula del torneo: La presenza degli otto giocatori più forti del mondo è uno specchietto per le allodole che consente di vendere il prodotto. La loro divisione in due gironi permette l’eresia di rimanere in gioco anche quando si perde. Ma diventa così un generatore automatico di partite che non contano nulla per la classifica. Con questo sistema, se ne possono disputare solo due al giorno, una per sessione. Si paga per vedere un solo match, insomma, perché purtroppo il doppio è da anni un riempitivo di modesto interesse. Poiché i gettoni di presenza sono ricchi, per tacere dei contratti pubblicitari, molti giocatori scendono in campo anche infortunati, minando la regolarità del torneo. Le alternative esistono. Una riduzione della durata consentirebbe di far disputare tre incontri in un solo giorno. Forse la formula a eliminazione diretta con 16 giocatori, adottata dal 1982 al 1985, priverebbe la manifestazione dell’attuale aura da Olimpo del tennis, ma darebbe vita a un tabellone stellare.