Mancano poche ore alle attesissime ATP Finals di Torino, che iniziano domenica 14 novembre per una settimana di tennis dei Maestri, e Gaia Piccardi si domanda sul Corriere della Sera a proposito di Berrettini che affronterà Zverev, Medvedev e Hurcacz: Sarebbero stati un atterraggio più morbido Casper Ruud, Andrei Rublev e quello Stefanos Tsitsipas in forma precaria che a Parigi indoor si è ritirato per un versamento al braccio destro e che ieri ha dovuto posticipare l’orario dell’allenamento (Jannik Sinner è la riserva pronta a scendere in campo in caso di defezione), compagni di viaggio di Djokovic nell’altro girone? Forse sì, ma ormai il dado è tratto.

Stefano Semeraro per La Stampa ricorda che Si può vincere anche perdendo un match, è capitato spesso, e a volte chi se la cava per un soffio nel girone si trasforma in leone strada facendo. Djokovic, l’uomo che a settembre è arrivato a un passo dal Grande Slam, è meglio marcarlo a distanza (finché è possibile).

Paolo Bertolucci su Gazzetta dello Sport: Avrei preferito che Matteo Berrettini finisse nel gruppo di Tsitsipas, anche se sarebbe entrato in rotta di collisione con Sua Maestà Novak Djokovic, che a Parigi la settimana scorsa ha dimostrato di esserci ancora. Certo, trattandosi del Masters il livello è altissimo ma avrei gradito di più che Matteo giocasse un eventuale spareggio per il secondo posto con uno Tsitsipas non al top (ammesso che non lo sia…), piuttosto che con Zverev, un avversario sempre molto difficile da affrontare. 

Paolo Rossi di Repubblica ha intervistato Vincenzo Santopadre, allenatore di Berrettini: La verità è che oggi anche quelli cui non piace Matteo, vuoi per il tipo di gioco, per il fisico o per un qualsiasi altro motivo, sono costretti a constatare la sua grandezza, forza e maturità. Non posso far altro che ribadire che, se era pronto per vincere uno Slam, figuriamoci se non è pronto per diventare Maestro. E posso aggiungere una cosetta? Magari, per una volta, può andare anche all’incasso grazie al pubblico: Matteo è tipo di atleta che trae energia dal pubblico, la assorbe. E l’ultimo anno lo ha giocato senza: sarebbe stata una possibile energia supplementare.

E sempre Santopadre, ma su Avvenire a Davide Re: C’è stato un cambio culturale nell’affrontare la sconfitta. Io lo vedo quando alleno Matteo, un ragazzo straordinario. Intanto non ci si abbatte più per le sconfitte. Anzi diventano linfa per fare meglio. Matteo ha avuto un anno travagliato ma sono arrivati grandi risultati. Lui rappresenta un esempio di chi si forma dalla sconfitta. Non mi riferisco solo alle delusioni provate o alle sonore sconfitte patite. La chiave per migliorarsi è nell’interpretazione che si dà a questi eventi, accogliendo il fallimento come parte di un percorso di crescita. Molti ragazzi naturalmente dotati si perdono per strada facilmente perché non hanno questa mentalità.